di Luigi BERRI
Il DA 42, un insolito compleanno
PREMESSA:
Siccome purtroppo assai spesso qualche idea aerea bislacca mi fa capolino in testa; siccome a settembre cadeva -ahime’- il mio compleanno; siccome la mia compagna Monica insisteva a tutti i costi di volermi fare un regalo, ma non sapeva cosa io gradissi; siccome io non desideravo nulla, ritenendo che dopo i 50 è preferibile il silenzio; siccome lei insisteva; tuttociò premesso (come dicono gli avvocati) ho sparato lì la richiesta di regalarmi un volo di un’ora sul bimotore DA 42, quasi convinto che non avrebbe accettato, dato anche l’elevato costo.
E, invece, ha accettato entusiasta rendendo esecutivo il detto Dio-li-fa-poi-l’accoppia (tanto veniva su anche lei…, essendo l’aereo quadriposto).
Così alle 9 di una calda e brumosa mattina di settembre ci ritroviamo nella sede romana della Diamond Aircraft sull’aeroporto dell’Urbe e -sbrigate le orribili assillanti attività burocratiche del caso, più complesse di un piano di volo di un liner Alitalia- ci avviamo al mezzo.
L’AEREO:
L’ OE-FCC -questa la sigla- a vederlo è sì una macchina quantomeno originale, ma non ha nulla -dico nulla- del bimotore tradizionale. In poche parole, se non sembro irriverente, sembra uno JU-88 o un Mosquito della seconda guerra mondiale, proprio per la predisposizione dei propulsori, dato che i due motori diesel (Twin Star Thielert Centurion 1,7) con eliche tripale entrambe destrorse, sporgono esageratamente davanti ai piloti. La prima impressione è che il DA 42 sia una riedizione con due motori del monomotore DA 40. La fusoliera appuntita sulla prua ha dei vani apribili, presumibilmente per bagagli. La carlinga è del tipo “a goccia”. Dietro la carlinga, la fusoliera si restringe fino al timone verticale che ha un prolungamento sotto la stessa, come sul P 180. I piani orizzontali di coda sono alti, situati sopra il timone verticale, simili a un MD 80 o a un liner russo, con due piccole winglet negative e con bordo d’attacco a freccia. Le ali sono rastremate senza freccia con grandi winglets terminali. Carrelli retrattili. Ruotino anteriore sulle pedaliere, così come i freni. Antighiacci dappertutto (ohibò il sistema dei goodrich è antidiluviano! che-te-lo-faccio-a-dì?) tutti automaticamente-elettronici. Carburante dei Jet (credo Jet A1), con consumi ridotti di circa la metà rispetto ai bimotori tradizionali. Autonomia esagerata a serbatoi pieni, ben oltre i 2.000 km. Peso della macchina circa 1.500 kg. Tangenza operativa 20.000 feet.
Da sottolineare che Il DA42 Twin Star è stato il primo velivolo diesel ad ala fissa al mondo ad effettuare una traversata oceanica del Nord Atlantico senza scalo in 12,5 ore, con un consumo medio di 5,74 galloni/h (2,87 galloni/h per motore). Niente male….
A BORDO:
Si sale da entrambe le parti con predellini sul bordo d’uscita delle ali. L’entrata è facilitata dall’apertura totale in avanti della carlinga con cerniere davanti al cockpit. L’accensione dei motori è legata alla chiusura totale delle entrate del cockpit. Gli interni sono di pelle chiara di gran lusso. I sedili sono fissi, in compenso è regolabile la pedaliera. Bocchette per prese d’aria, e possibilità di aperture laterali sulle grandi sfinestrature laterali.
I comandi sono su entrambi i lati a cloche, con vari pulsanti sulla sommità. Sulla piantana centrale selettore del carburante, trim a ruota millesimale come sui jet, manette dei motori, luci, freno parking e quant’altro, compreso computer di bordo per impostazioni piani di volo. Di fronte ai piloti, due enormi schermi digitali a colori glass cockpit Garmin G 1000, con decine di informazioni intercambiabili (parametri-motori-temperature, FADEC, consumi, livelli vari, velocità, altimetri, variometri, orizzonti artificiali, meteo, GPS con più visualizzazioni, e chi più ne ha più ne metta): da rimarcare 2 batterie e 2 generatori per motore; inoltre, sul frontalino, i comandi dell’autopilota automatico sui tre assi, pulsanti vari, il tutto completato da ben 3 -dico solo tre!- strumenti analogici (orizzonte, velocità con più scale, altimetro), che mi fanno rimpiangere i nostri vecchi cari amatissimi aeroplani pieni di una congerie di familiari e tranquillizzanti strumenti analogici, quali quadranti, lancette, interruttori, contaore, orologi, ecc.
Eh, i tempi cambiano……e i compleanni lo dimostrano.
IN VOLO:
Sotto l’attenta supervisione del giovane Comandante Massimiliano Del Bufalo, paziente fino all’esasperazione nel rispondere alle diecine di richieste piovutegli addosso da un pignolo rompipalle come me, una volta acceso il master e illuminati gli schermi come al cinema, attesi i minuti di rito per la scansione dei vari chek automatici, ricevuto da tutti l’ok, mettiamo in moto.
O i motori sono particolarmente silenziosi o l’aereo è insonorizzato alla perfezione. Alle orecchie giunge un tranquillizzante ronfare. Raggiunte in breve le temperature, al via della torre rulliamo al punto attesa della 34. Controlli di rito (manco a ripeterlo, con l’egida del FADEC= controllo digitale dei motori), allineamento e decollo: che avviene di norma senza flap ed è più lungo di quanto mi aspettassi. Il carrello rientra, tre luci verdi. La giornata è calda, foschia sempre più densa, QNH standard. Lasciato il CTA dell’Urbe, Roma Informaz. ci autorizza verso Perugia, avendo il ns.piano di volo previsto un round robin Urbe-Perugia-Urbe. Il DA 42 sale di norma all’85% della potenza. A 6.000 ft. livelliamo e trimmiamo. Potenza al 70%. Velocità 174 kts (=322 km/h). Escluso il pilota automatico, provo a “sentire” l’aereo. Certo non è un ULM! Le virate sono un po’ lente, occorre sempre un tantino di piede, comunque la macchina risponde bene, sia a destra che a sinistra, il muso è stabile. L’impressione generale è piacevole e di grande stabilità. Riducendo potenza, senza toccare il trim, il muso si abbassa di quel tanto per riprendere la velocità perduta. Ridando potenza oltre il 70% la velocità aumenta, a meno che non si comandi un rateo di salita. Ok, l’aereo è ben equilibrato e vola bene.
Ora il controllo chiama e non ci autorizza più a salire fino a 11.000 ft come previsto, causa traffico. Viriamo a Ovest. Giù in basso nella foschia forse si intravede Orvieto. Decidiamo di cambiare il piano di volo e puntare verso Ciampino. La pallidissima luce solare in faccia unita alla fosca nebbiolina non ci fa vedere nulla. Ricevuto l’ok, impostiamo i dati, e sugli schermi appare la nuova prua e i livelli ottimali, che comunichiamo a terra. La foschia aumenta. Ancora qualche minuto, e il controllo ci richiama, Ciampino ha traffico e non può autorizzarci nemmeno a un passaggio basso. Ormai voliamo da circa 40 minuti. Optiamo per un rientro verso l’Urbe -che per radio dice di avere buona visibilità- per qualche passaggio basso prima dell’atterraggio. Incominciamo la discesa per rilivellare a 2.000 feet. Ora la visibilità torna normale. Nulla da dire sul passaggio basso effettuato a 150 kts e carrello retratto, poi di nuovo sottovento, carrello giù, flap estesi, finale prima a 100 kts e poi a 80, flare dolce e ci fermiamo un po’ oltre la metà della 34 dell’Urbe. C’è un bel sole.
IMPRESSIONI FINALI MIE:
Come puro pilotaggio, l’aereo è facile. Ma venendo da aerei tradizionali, non mi soddisfa appieno. Così com’è, l’aereo mi appare sotto potenziato, ma è solo una sensazione. Poi trovo non semplice immagazzinare, fare propri, saper impostare, gestire e visualizzare sugli schermi le tonnellate di dati, informazioni ecc. che il sistema Garmin G 1000 offre. Infine mi desta qualche perplessità la doppia batteria e il doppio generatore su ciascun motore, sembra per prevenire lo spegnimento simultaneo dei due motori in caso di improvvisa interruzione elettrica, cosa che pare essere avvenuta in passato.
Ad una mia precisa (e maliziosa) domanda a Massimiliano “ma se in una giornata come questa, con visibilità precaria specie in quota, andassero in black-out tutti gli impianti e sparissero i dati sugli schermi, come ci se la cava ?”, risposta lapidaria “bel problema!”
Ecco perché più passa il tempo più sono convinto che un normale buon pilota tradizionale, pure senza esperienza IFR, se la caverebbe bene anche su questi mezzi iper-sofisticati. Bussola e orologio, altimetro e variometro, orizzonte artificiale e virosbandometro, per anni si è volato così e assai di rado qualcuno si smarriva nei cieli o non rientrava.
Mi chiedo se i piloti super computerizzati di oggi riuscirebbero a fare altrettanto. Io -lo riconosco- non riuscirei di certo oggi come oggi con il modesto bagaglio aeronautico che mi porto appresso, a fare il loro lavoro iper-tecnologico, ma sono quasi sicuro che loro non riuscirebbero a fare altrettanto bene il facile lavoro mio…..
E questo senza nulla togliere alla innegabile valentìa del bravissimo Massiliano, che ho molto ammirato!