di Luigi BERRI
FL3
“Padre di famiglia”, così veniva chiamato dagli istruttori l’FL3, che, dopo la fine della seconda guerra mondiale, si venne rapidamente affermando in Italia (insieme al MB 308), come il classico aereo scuola di 1° periodo. Ma, come tutti i bravi padri di famiglia dell’epoca, rimarcava gli errori e dispensava sculacciate, pur non esagerando nelle punizioni. Lo si vide pertanto in Italia dappertutto su vasta scala, soppiantando in breve gli aerei scuola dell’epoca -surplus militari metallici per lo più ormai “sfiatati” e dai consumi eccessivi-.
Ovvio che io -che appunto ne venivo da quei surplus- all’inizio guardai con dubbiosa perplessità quell’aeroplanetto di legno e tela con appena 65 CV; ma non ci impiegai molto ad apprezzarlo, e fin dalla prima volta che vi salii sopra (sotto l’attento controllo dell’istruttore che mi venne assegnato all’Urbe, il mitico com.te Francesco Rocca) capii che pur nelle sue ridotte dimensioni era un signor aeroplano che andava preso sul serio e non tollerava disattenzioni di sorta. L’unico vero inconveniente era la messa in moto, che avveniva con lancio dell’elica a mano, insieme all’assenza di radio (vigevano le segnalazioni luminose dalla torre!); tale assenza, in pochi mesi venne poi superata da radioline aeronautiche a batteria, fissate al centro dietro la nuca dei piloti e con il microfono fissato sul cruscotto.
L’incredibile era che gli istruttori di allora mentre consideravano tassativamente for limits i looping e i tonneau, addestravano gli allievi oltre a tutti i tipi possibili e immaginabili di virate strette e non, sfocate, dietrofront, stalli (con e senza motore, in virata, ecc), anche a viti (!!!) sia a dx. come a sin. con un massimo di 3 giri, e pretendevano poi che l’allievo, una volta avuto il decollo e effettate alcune ore, prima della prova d’esame per il brevetto di I° grado ripetesse queste manovre “in vista” del campo, così che loro da terra potessero controllare la correttezza della loro esecuzione…..roba che oggi verrebbero rinchiusi in manicomio istruttori e allievi: eppure nessuno allora ebbe de ridire alcunché, né alcuno si fece male !
dal cockpit di un FL3 in lungo finale sulla 34 dell’Urbe nel 1966
(notare sulla dx la via Salaria e l’assenza di case nei paraggi)
il cockpit dell’FL3
E ora parliamo un po’ della macchina, i cui dati li ho in parte ricavati da Wikipedia:
Utilizzato anche come aereo da collegamento da alcune forze aeree dell'Asse durante la seconda guerra mondiale venne realizzato in una piccola serie a causa dello scoppio della guerra e nuovamente prodotto alla fine del conflitto dalla Lombardi come Lombardi FL3. Il progetto dell'FL-3 si deve alla volontà di Francis Lombardi il quale fondò la sua azienda AVIA con alcuni amici ed affidò agli ingegneri Cesare Mosso, Ugo Graneri e Pieraldo Mortara lo sviluppo. Nel primo dopoguerra e in seguito, constata da più parti la duttilità e l’efficienza reale della macchina, lentamente se ne riprese la produzione fino a giungere alla fine a circa 800 esemplari.
Monoplano, monomotore, biposto a struttura mista. L'ala era in legno a sbalzo con due longheroni accoppiati e rivestimento in compensato e tela. Il collegamento centrale tra le due semiali era in piastre d'acciaio; alettoni con struttura in legno e rivestimento in tela. I piani di coda, controventati da quattro tiranti, avevano struttura in legno e rivestimento in compensato e tela; le parti mobili erano munite di flettern regolabili a terra. La fusoliera, a sezione quadrangolare, aveva una struttura su quattro longheroni in abete e traliccio di puntoni in legno e tiranti in acciaio; il rivestimento era in alluminio per il motore, in compensato per
la parte centrale e in tela per la sezione posteriore all'ala. Il carrello di una robustezza fuor dal comune -e studiato onde impedire che in caso di imbardata la punta delle ali potesse toccar terra- era fisso a ruote indipendenti, prive di freni -poi successivamente applicati con comando sulla cloche del pilota e dell’istruttore- sostenute da due triangoli di forza in tubi d'acciaio. Nel caso si portassero passeggeri-non-piloti la cloche del passeggero si poteva eliminare per ovvi motivi di sicurezza con un sistema di vite a ghiera sulla base. Il pattino di coda, in seguito ruotino, era ammortizzato. I posti di pilotaggio erano affiancati, con doppi comandi: posteriormente era disponibile un piccolo bagagliaio. Il carburante era in un serbatoio di 60 litri posto in fusoliera tra il motore e l'abitacolo con un televel in cifre ben visibili, appena all’esterno dell’abitacolo .
DIMENSIONI E SUPERFICI
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Apertura alare
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m
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9,85
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Lunghezza
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m
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6,36
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Superficie alare
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mq
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14,35
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Motore iniziale
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CNA D VI
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Potenza
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cv
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60
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PESI E CARICHI INIZIALI
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Peso a vuoto
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kg
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300
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Carico utile tipico
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pilota e passeggero
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kg
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160
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bagagli
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kg
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7
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benzina
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kg
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44
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olio
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kg
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4
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totale carico utile
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kg
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215
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Peso totale
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kg
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515
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PRESTAZIONI INIZIALI
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Velocità massima (VNE)
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Km/h
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170
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Velocità di crociera
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Km/h
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110/120
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Velocità di atterraggio
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Km/h
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72
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Autonomia normale
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km
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600
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Spazio di decollo
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m
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130
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Spazio di atterraggio
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m
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200
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Autonomia
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3h 40min
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Quota di tangenza pratica
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m
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5000
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Da notare che buona parte degli FL3 in servizio dopo il 1962, subirono varie modifiche migliorative, tra le quali, come detto, i freni al carrello e rimotorizzazioni varie. In genere gli anziani CNA vengono rimotorizzati con i Continental C65 da 65cv, a volte recuperati dai Piper J3 in uso presso gli stessi aero club.
Nell'immediato dopoguerra il pilota triestino Furio Lauri fonda a Monfalcone la ditta Meteor che dal 1953 prosegue l'attività dell' AVIA di Francis Lombardi proponendo gli FL 53-54-55, sviluppi non altrettanti felici del grande capostipite prebellico, specie nel numero di esemplari prodotti. In ogni caso con prestazioni non dissimili al “padre” FL 3.
A quel che so, fino a poco tempo fa presso l’Aeroclub di Roma vi era ancora un FL3 volante con marche I-OPES. E se vado a rivedere i miei vecchi libretti di volo, l’FL3 I-OPES è segnato varie volte per diversi voli….