di Luigi BERRI
Cessna 336 Skymaster e 337 Super Skymaster
Cessna O-2 Skymaster
Cessna 337 Super Skymaster
Role: Personal use and air taxi aircraft
Manufacturer: Cessna Reims Aviation
First flight: 1961
Status: Active service
Primary user: Private individuals and organizations
Produced: 1963-1982
Number built: 2,993
Variants: O-2 Skymaster
Il Cessna Skymaster (qui si descrivono le caratteristiche comuni ai due modelli) era un bimotore per usi civili costruito in una configurazione push-pull, e cioè i due motori sono stati montati non sulle ali -come nei normali bimotori- ma in fusoliera con un’elica traente in prua e una spingente in coda. Dalle ali si dipartivano due travi (sull’estradosso, in corrispondenza degli attacchi inferiori delle controventature) che terminavano in due stabilizzatori verticali (o derive), che lasciavano così liberi i flussi delle due eliche, derive unite tra loro dallo stabilizzatore orizzontale. I flussi combinati della trazione e della spinta producevano un’invidiabile “centerline”, per cui l’aereo era praticamente privo di qualsiasi tipo di imbardata. Anche la piantata di un motore in decollo, con aborto del decollo stesso, non produceva sostanziali variazioni rispetto la centerline della pista. Lo stesso valeva in volo: a differenza dei bimotori convenzionali (per i quali, tra altri problemi, vi era quello del “motore critico”), l’aereo poteva comunque continuare mantenendo la prua in volo livellato -sia pure con velocità ridotta- anche con un solo motore, agendo opportunamente sui trim. I motori erano all’origine due Continental IO-360-C da 195 hp (150 kW) e andavano di regola usati in contemporea spinta. La spinte maggiori dell’uno rispetto all’altro producevano variazioni sugli assi, varizioni che dovevano quindi essere debitamente compensate dai trim (peraltro molto efficienti e sensibili).
Per non variare il baricentro, dato che non vi era posto in fusoliera oltre i 5 passeggeri (4 + 1 pilota), era previsto un pod ventrale per qualche bagaglio.
Il carrello triciclo, originariamente fisso, divenne retrattile nelle versioni successive (dal 337 in poi). Il mod.336 volò la prima volta nel 1961 e ne furono prodotti circa 200 esemplari fino al 1964. Il mod.337 Super Skymaster, prodotto ad iniziare dal 1965, fu costruito in ben 2.993 esemplari (comprese le versioni militari O-2); era più largo in cabina, con musetto ridisegnato e con motori potenziati da 210 hp fino a 310 hp (e anche più in seguito). Venne previsto di serie il carrello retrattile e fu installata una presa d’aria supplementare sul dorso della fusoliera a beneficio del motore posteriore. Eliche bipala blindate con passo variabile idraulico. Vennero prodotte anche versioni con motori turbocharged (T337) a partire dal 1973: La produzione del 337 continuò pure in Francia ad opera della Reims, adddirittura con una versione STOL (94 unità).
Pilotaggio
Strano a dirsi, ma la cosa più diffidile di questo aeroplano era il…rullaggio (!)
E mi spiego: quello che più mi colpì la prima volta che salii a bordo come allievo-pilota fu una targhetta che recitava "DO NOT INITIATE SINGLE ENGINE TAKEOFF". Il che in parole povere (visto che si poteva rullare, anzi in alcuni casi si doveva rullare con un motore solo -l’anteriore-) voleva dire che l’aereo non poteva decollare se tutti e due motori non erano funzionanti. Ci furono difatti vari incidenti, prima dell’apposizione della targhetta, per cui piloti e passeggeri persero anche la vita per decolli con un solo motore su piste normali…su quelle lunghe l’aereo seppure a stento ce la faceva. Ho detto che il rullaggio richiedeva una ferma attenzione, vuoi per la pesantezza del mezzo (facilmente lo si pensava come un monomotore, mentre la pedaliera era più dura e meno rispondente di un monomotore), vuoi perchè in caso di temperature estive il motore posteriore tendeva a “overheat” ovvero a surriscaldarsi durante il “taxiing”. Il che induceva il pilota o a non accenderlo per niente all’atto della messa in moto, oppure -e qui casca l’asino- a spegnerlo durante il rullaggio (si pensi alle lunghe file di alcuni punti-attesa), per poi dimenticare di riaccenderlo prima del decollo! Ma com’era possibile che un pilota dimenticasse un motore?! La risposta non è difficile, se si pensa che, grazie al rumore del motore anteriore, il pilota al decollo potesse dare manetta per… entrambi! così sovrastato dal rombo al massimo dei giri del motore-anteriore e in totale assenza di cenni di imbardata, il pilota distratto, ponendo a fondo corsa entrambe le manette, era sicuro in cuor suo che anche il posteriore fosse in azione. Ma gli strumenti, direte voi?? E direste giusto, poiché gli strumenti del motore posteriore giocoforza non indicavano alcunchè visto che il motore era spento! Ciò significava che non li aveva controllati (magari la prova magneti era stata fatta prima di spegnere il posteriore, con entrambi in funzione….) Ci sono voluti decine di incidenti -alcuni mortali- per indurre la casa costruttrice a porre in evidenza la targhetta di cui sopra.
Lo Skymaster produceva un unico inconfondibile suono dovuto anche alla combinazione del suo motore posteriore che girava nell’aria turbolenta dell’elica del motore anteriore che invece godeva l’aria indisturbata libera.
Con tre persone il peso era di circa 2 tonnellate. Portarlo in volo poi, non era difficile, anzi ! Si sfruttava a pieno -volendo- l’autopilota sui tre assi, e, una volta trimmato a dovere, filava dritto come un proiettile. Tra l’altro è difficilmente immaginabile la sua scioltezza e la eccessiva (addirittura!) rispondenza in volo ai comandi. Per cui, tenuto però sempre conto della sua mole, del suo peso e quindi della sua inerzia, si potevano tranquillamente operare -ma non a pieno carico- anche manovre acrobatiche -….i “G” si sentivano tutti- e ci si stupiva della sua agilità. Qui si comprende perché fu usato dai militari per vari scopi. Ma non ci si doveva distrarre mai dall’occhieggiare temperature e pressioni. Velocità di crociera sui 300 km/h. Autonomia superiore ai 2.000 km.- Tangenza circa 6.000 mt (19.600 ft). Chiasso in fusoliera: non indifferente….
Quello su cui feci il passaggio -per graziosa concessione del proprietario industriale e del suo disponibilissimo pilota/istruttore- era completamente IFR, compresi gli antighiaccio ad ali ed eliche, attrezzato anche per il volo notturno “ognitempo”. Insomma un bel bestione !
Ma ci volai -ahimè- solo per il passaggio e un altro paio di volte. Poi non capitò più. L’industriale poco dopo lo vendette e si comprò un bireattore, con base a Linate. Addio Skymaster !
Cessna Skymaster O-2
Impiego operativo
Gli esemplari cominciarono ad essere consegnati ai reparti che operavano nella guerra del Vietnam in due versioni. La più numerosa fu la O-2A, dotata di dispositivi fumogeni in grado di segnalare la presenza di obbiettivi nemici ai reparti di cacciabombardieri. Normalmente le missioni si svolgevano con un equipaggio di due elementi, un pilota ed un osservatore, quest'ultimo con il compito di individuare possibili minacce nemiche. Il velivolo veniva inviato a svolgere una ricognizione aerea del territorio quindi, una volta avvistato, colpiva l'obbiettivo con una serie di razzi fumogeni.
Una seconda versione, designata O-2B, venne usata per la guerra psicologica. Non era dotata di armamenti offensivi ma equipaggiata con megafoni esterni con i quali inviavano messaggi propagandistici in lingua vietnamita. Inoltre, a supporto, venivano sganciati volantini che esortavano la popolazione a ribellarsi.
Gli Skymaster risultarono velivoli apprezzati dai piloti per la loro robustezza, grazie anche alla particolare configurazione bimotore sullo stesso asse che assicurava una maggior probabilità di conservare l'uso di almeno un motore in caso di attacco e che permetteva loro di ritornare alla base. Inoltre erano adatti ad operare da piste improvvisate, una necessità derivata dalla particolare conformazione del territorio vietnamita.